Valentino Dixon oggi è un artista afroamericano affermato che deve la sua fortuna al golf. La sua storia però è tutt’altro che rosea poiché all’età di 21 anni, nel 1990, finisce in carcere con la pesantissima accusa di omicidio e una condanna a 38 anni e mezzo da scontare nella prigione Attica Correctional Facility di New York.

Il giovane però si professa innocente e la sua unica colpa è stata quella di avere qualche piccolo precedente e di essere cresciuto nel malfamato East Side di Buffalo, nello stato di New York, dove la droga scorreva a fiumi. Così, nonostante che un altro uomo si fosse autoaccusato di quell’omicidio avvenuto davanti a un bar, e varie incongruenze e punti oscuri di tutta la vicenda, arriva il drammatico verdetto che lo condanna a una lunga detenzione.

Supportato dall’affetto dei parenti (era anche papà di una bella bambina), Dixon non si perde d’animo e grazie a un set di pastelli che gli viene regalato da uno zio, inizia a valorizzare il suo talento naturale per il disegno. La prima svolta arriva quando l’allora direttore del penitenziario gli chiede un disegno da inviare al celebre magazine Golf Digest che sta cercando opere originali per illustrare la bellissima buca 12 dell’Augusta National, sede del primo Major stagionale.

Pur non avendo mai visto un campo da golf, osservando la rivista, il giovane rimane colpito dai colori che incorniciano il famoso campo americano e illustra a suo modo la dodicesima buca. Da quel momento Dixon non smette più di disegnare campi da golf e  Max Adler, un intraprendente giornalista di Golf Digest, impressionato da quei disegni arrivati da un carcere, lo vuole incontrare e da lì nasce un’amicizia.

Inevitabilmente viene affrontata la sua vicenda giudiziaria e mentre Dixon avvia una proficua collaborazione con il magazine di golf, disegnando giocatori e campi, ferri e scenari naturali, Adler cerca di scagionarlo e far riaprire il processo. Nel 2012 il giornalista pubblica un articolo su Dixon intitolato “Il golf ha salvato la mia vita” e l’emittente The Golf Channel gli dedica una trasmissione con ascolti altissimi.

Nonostante l’intervento di nuovi avvocati però la vicenda non si sblocca e soltanto nel gennaio 2018 avviene il miracolo. Il suo caso diventa materia di una tesi di laurea per tre studenti della Georgetown University, invitati ad approfondirlo dai professori Marc Howard e Marty Tankleff.

I tre giovani laureandi, Ellie Goonetillake, Julie Fragonas e Noaya Johnson, mettono insieme una meticolosa documentazione che non lascia spazio alla colpevolezza di Dixon. L’avvocato distrettuale John Flynn avvia quindi una revisione delle accuse attraverso la Conviction Integrity Unit che porta all’assoluzione e alla scarcerazione di Dixon dopo 27 anni, con l’arresto del vero colpevole.

Oggi, all’età di 53 anni, Dixon a vive a poca distanza dal tempio del golf americano la sua arte è apprezzata dalle star del golf, da Tiger Woods, a Jack, e una sua opera è stata acquistata anche da Michelle Obama come regalo al marito. Sua figlia nel frattempo è diventata mamma e lui ha promosso una fondazione, “Art for Freedom”, che assiste chi è in carcere ingiustamente, e va a parlare nei riformatori.

Insomma, quella di Valentino Dixon, che recentemente è stato ospite di una tappa del DP World Tour a Dubai, è una storia incredibile in cui, grazie al golf,  si è riusciti a raggiungere un lieto fine.